A Lubec 2013, la rassegna internazionale dei Beni culturali e delle nuove tecnologie che si apre giovedì sino a sabato al Real Collegio di Lucca, si parlerà (e si dimostrerà) come l’hi-tech può non solo migliorare la fruizione dei Beni culturali, ma anche diventarne un valore aggiunto. Grazie a sistemi di realtà aumentata, che inseriti negli occhiali da sole o nello smartphone, guidano il visitatore come ciceroni virtuali, per esempio. O, ancora, sistemi robotici per la telepresenza, biblioteche olografiche da sfogliare, rete fotoniche (a Pisa c’è un centro d’eccellenza della Scuola Superiore Sant’Anna) che garantiranno una vera immersione in quei siti archeologici da preservare.
Oggi in Italia le imprese che operano nel settore delle tecnologie per i beni culturali producono oltre il 10% del valore aggiunto del comparto culturale (circa 12 miliardi di euro l’anno), gli addetti del settore sono oltre 262.000 (l’ 11% dell’intero settore) e il trend è in continua crescita. «Ma siamo ancora agli inizi – spiegano Gaetano Scognamiglio e Francesca Velani, presidente e direttore scientifico di Lubec -. Perché delle circa 900 mila imprese che operano nel settore dei Beni Culturali, con quasi 4 milioni di occupati, soltanto quattro su cinque (l’ 80,9%) hanno inserito nella propria programmazione aziendale l’ innovazione tecnologica».
Oggi in Italia le imprese che operano nel settore delle tecnologie per i beni culturali producono oltre il 10% del valore aggiunto del comparto culturale (circa 12 miliardi di euro l’anno), gli addetti del settore sono oltre 262.000 (l’ 11% dell’intero settore) e il trend è in continua crescita. «Ma siamo ancora agli inizi – spiegano Gaetano Scognamiglio e Francesca Velani, presidente e direttore scientifico di Lubec -. Perché delle circa 900 mila imprese che operano nel settore dei Beni Culturali, con quasi 4 milioni di occupati, soltanto quattro su cinque (l’ 80,9%) hanno inserito nella propria programmazione aziendale l’ innovazione tecnologica».
Fonte: Corriere della Sera