Thursday, 28 November 2013

Droni e supercannoni, l’arsenale della Cina

Giovedì ha volato per la prima volta un drone con motore a getto e tecnologia stealth made in China. Si chiama Lijian: Spada affilata. Verrà usato in operazioni antiterrorismo, ricognizione, combattimento, dice la stampa cinese. La tecnologia stealth (furtiva o invisibile) permette di sfuggire ai radar.
Un apparecchio senza pilota che secondo gli esperti occidentali somiglia nel disegno alle ali a forma di pipistrello dell’RQ-170 Sentinel, prodotto dalla Lockheed Martin e impiegato dagli americani fin dal 2007. La tecnologia bellica cinese è all’inseguimento. Ma si è avvicinata: l’Esercito popolare di liberazione ha già sviluppato piccoli droni per uso tattico e corto raggio e altri apparecchi senza pilota che somigliano in modo impressionante agli americani Reaper e Predator, usati nella caccia ai terroristi di Al Qaeda dal Medio Oriente al Pakistan e all’Afghanistan.
Anche i cinesi sono in grado di armare i loro droni: recentemente un alto ufficiale dell’ufficio antidroga ha detto al Quotidiano del Popolo che l’uso di un drone è stato preso in considerazione per eliminare un trafficante birmano che si nascondeva nella foresta di Myanmar ed era ricercato per l’uccisione di 13 marinai di un peschereccio cinese. Il narcotrafficante fu poi arrestato e giustiziato dopo un processo.
Un altro impiego dei droni è la ricognizione aerea e Pechino potrebbe inviarli anche a pattugliare la zona delle isole Diaoyu/Senkaku, controllate dal Giappone. Tokyo, che chiama le isole Senkaku, minaccia di aprire il fuoco sugli apparecchi che violano lo spazio aereo. Pechino, che le chiama Diaoyu, replica che l’abbattimento di un velivolo, anche senza pilota come un drone, «sarebbe un atto di guerra».
L’intelligence occidentale ha appena scoperto un altro progetto cinese. Le foto di un satellite mostrano due super-cannoni con canne lunghe 24 e 33 metri nel poligono di Baotou, nel deserto della Mongolia. L’interesse degli analisti militari occidentali era stato destato dalle grandi piazzuole in cemento individuate nel 2011: di fronte erano stati collocati dei bersagli. In seguito ci sono stati montati i due supercannoni. Nome in codice Xianfeng: Pioniere.
La Cina ha lavorato a pezzi d’artiglieria di grande calibro e lunga gittata dagli anni Settanta. Poi apparentemente abbandonò il progetto. Per riprenderlo negli anni Novanta, contemporaneamente all’Iraq di Saddam Hussein. E i due Paesi, secondo l’intelligence, avevano in comune anche l’ingegnere: Gerald Bull.
Il supercannone iracheno di Bull, chiamato Progetto Babilonia, era lungo 45 metri e teoricamente avrebbe potuto fare un fuoco di sbarramento sui satelliti.
Secondo gli analisti di Jane’s Defence, non è probabile che i cinesi pensino ai satelliti come bersaglio del loro Pioniere: hanno missili balistici per questo. Potrebbe trattarsi di un supercannone ferroviario, sul tipo della Grande Berta dei tedeschi. O di un congegno per sperimentare nuovi proiettili d’artiglieria.

Questa ricerca militare estrema si inserisce nella corsa al riarmo cinese, nel confronto con il Giappone per le Diaoyu/Senkaku, e con la Settima Flotta americana per le rotte del Mar della Cina. Per sconsigliare la US Navy dall’avvicinarsi troppo, l’Esercito popolare di liberazione ha anche provato un nuovo missile ammazza-portaerei: si chiama Dongfeng: Vento dell’Est. Duemila chilometri di gittata. Lo hanno provato nel deserto del Gobi su un bersaglio disegnato nella sabbia che simulava la sagoma di una portaerei americana. Con successo, come provano i grandi fori nella sabbia all’interno della sagoma.
Corriere della Sera

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