Sunday, 12 January 2014

Cervelli che arrivano: da Singapore all’Italia per studiare l’Alzheimer

Cervelli che arrivano: da Singapore all’Italia per studiare l’Alzheimer

La storia di Hanako Tsushima che a Genova ha trovato lavoro come ricercatrice scientifica e anche l’amore.

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Qualche tempo fa vi abbiamo raccontato di uno dei più importanti centri al mondo di ricerca, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, dove studiano gli scienziati del domani (leggi l’articolo). Lungo i corridoi dell’Iit, tra laboratori e stanze adibite agli esperimenti, abbiamo conosciuto Hanako Tsushima (nella foto), 34 anni, giapponese, ma cresciuta a Singapore, che vive in Italia da undici anni e che si è trasferita qui per studiare l’Alzheimer. “I ricercatori italiani sono davvero molto bravi”, ci ha raccontato, dando anche alcuni consigli a chi volesse intraprendere la sua professione: “L’importante – ha detto – è avere passione”. Ecco la sua storia.

Da Singapore all’Italia – Hanako cresce a Singapore e poi si laurea a Londra in Biochimica. Subito dopo arriva il dottorato all’Istituto Europeo di Oncologia a Milano, per la Open University. Dopo un breve periodo di lavoro a Cnr, Istituto di Neuroscienza, inizia a lavorare in Iit nel dipartimento di Neuroscience and Brain Technologies, sezione che si occupa dello studio dell’elaborazione delle informazioni nel cervello e dell’interfaccia della rete neurale con il mondo esterno.

“Volevo continuare nella ricerca scientifica – ci racconta davanti ai monitor che mostrano le proteine dai colori fluo su cui lavora ogni giorno – e ho cercato una borsa studio a Milano all’Ieo, nel campo della ricerca sul cancro. Nel corso del mio progetto, però, ho scoperto delle proteine che sono più coinvolte nell’Alzheimer e ho iniziato a leggere la letteratura scientifica intorno a questo tipo di malattia neuro-degenerativa. Mi affascinava molto e quando il mio capo di allora si è spostato a Genova per un progetto sull’Alzheimer, l’ho seguito”.

A Genova – Oggi nel suo progetto di ricerca di base, non clinica, si occupa di studiare cosa accade a livello neuronale nella fase iniziale della malattia. “Studio una particella che non si capisce ancora come si comporta nella malattia. Guardo le cellule e analizzo i vetrini”.

I ricercatori del nostro Paese, conferma Hanako in un perfetto italiano, “Sono bravi: quando guardi le pubblicazioni ci sono sempre nomi di scienziati italiani”. I problemi principali, in questo campo, sono comunque legati ai fondi e ai budget che possono permettersi le strutture del Paese: “Qui come Istituto Italiano di Tecnologia siamo davvero fortunati – continua -, e abbiamo la possibilità di portare avanti importanti ricerche”.

Futuro – La vita del ricercatore, appagante ma pur sempre precaria, non preoccupa troppo Hanako, che ha dovuto ben presto far pace con l’idea di allontanarsi da casa per inseguire il proprio sogno. Da undici anni in Italia, indossa sempre il suo camice bianco con il sorriso. “Lavorare sul bancone e fare esperimenti mi piace molto e vorrei continuare a lavorare nella ricerca. Ci sono ancora tante cose da scoprire. Ma – ammette – per il dove e il come, si vedrà”.

La vita personale – Hanako, infatti, si è sposata da poco con un ricercatore svizzero che lavora in Iit nel dipartimento di Advanced Robotics. Nel futuro di entrambi, se continueranno con la ricerca, ci sarà sicuramente un nuovo ‘trasloco’: “Ogni tre o cinque anni dobbiamo spostarci, trovare una nuova borsa di studio e un nuovo posto di lavoro. Sarebbe perfetto se riuscissimo a stare nella stessa città. Mi piacerebbe anche andare fuori dall’Italia, vedere nuove culture o magari tornare in Asia, nella mia terra. Ma l’importante è trovare una soluzione che ci permetta di continuare a svolgere questo mestiere”.

Consigli – Non possiamo non chiederle qualche suggerimento per chi volesse provare a percorrere la sua stessa strada: “Il mio è comunque un campo difficile e, questo, è difficile da consigliare come lavoro – confessa, senza troppi giri di parole -. Se avessi figli, farei fatica a suggerire questo mestiere, perché non è sicuro e bisogna essere disponibili a cambiare spesso vita. Ma se devo dare un consiglio a chi ha già questa passione per la ricerca – conclude –dico di continuare, perché se si ha la giusta determinazione, si va avanti”.

Source: KongNews

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